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22/04/2024

VICENZA: UNA PROVINCIA ANCORA ATTRATTIVA?


Questo il tema della nuova ricerca del Centro Studi Cisl Vicenza che ha analizzato la percezione dei lavoratori vicentini sulle opportunità e i servizi offerti dal territorio.

La maggioranza (54,66%) consiglierebbe ad un figlio o ad un amico di trasferirsi all’estero.

Raffaele Consiglio: «Migliorare l’attrattività del territorio è essenziale per affrontare la crisi demografica»

 

C’era una volta il Nord Est dei miracoli, quello che macinava record economici e attirava i lavoratori provenienti da altre regioni d’Italia meno dinamiche e naturalmente anche dall’estero. C’era, appunto, perché il saldo migratorio oggi pari praticamente a zero pone una questione inedita: Vicenza è ancora una provincia attrattiva?

Prova a rispondere a questo interrogativo la nuova indagine del Centro Studi Cisl Vicenza, attraverso un questionario sottoposto ad un campione di oltre 1.100 lavoratori vicentini.

 

«Chi meglio dei lavoratori può giudicare l’attrattività di un territorio per altri lavoratori? - spiega Raffaele Consiglio, Segretario Generale provinciale di Cisl Vicenza - I dati dimostrano che la nostra provincia ha smesso di essere attrattiva come un tempo, ma per intervenire occorre capire le ragioni di questo fenomeno, che va affrontato, perché la demografia ci dice senza possibilità di errore che nel 2042, dunque tra meno di 20 anni, nel Vicentino la popolazione in età lavorativa si ridurrà al 54,7% e il 33,1%, dunque 1 vicentino su 3, avrà più di 65 anni. Abbiamo quindi bisogno di far sì che i lavoratori di altri territori tornino a scegliere di trasferirsi nella nostra provincia».

 

Una provincia sulla quale il giudizio generale dei lavoratori sulle opportunità e qualità di vita offerte sarebbe in realtà piuttosto positivo: è giudicata “abbastanza o molto attraente” per il 42,1%, mentre i giudizi negativi si attestano al 18,8% (“poco attraente” per il 15,64%, “per nulla attraente” per il 3,16%.), con un 39,1% che valutano il territorio vicentino “mediamente attraente”.

Approfondendo l’analisi, emerge che la valutazione è più positiva da parte degli uomini rispetto alle donne e tra i lavoratori di età più matura. A essere più critici, invece, sono soprattutto i più giovani: il giudizio è negativo per il 33,34% del campione tra i 15 e i 24 anni, contro circa il 19% tra i 45 e i 64 anni, per poi risalire al 25% tra gli over 65); viceversa a esprimere un giudizio più favorevole sono soprattutto i lavoratori tra i 35 e i 44 anni con circa il 48,4%, contro il 33,33% tra i 15 e i 24 anni.

 

Le valutazioni si fanno però critiche chiedendo ai lavoratori un parere su specifiche tematiche, dove pur con valori differenti i giudizi negativi superano sempre quelli positivi.

Più in dettaglio, sulla sostenibilità ambientale del territorio esprime un giudizio negativo il 43,15% del campione, contro un 18,8% di valutazioni positive (mentre il 38,05% esprime un giudizio neutro); sulle opportunità cultuali e ricreative è critico il 46,75% del campione, contro un 18,98% di pareri positivi e il 34,27% di giudizi neutrali; sulla sanità esprime una valutazione negativa il 42% contro il 21,88% di pareri favorevoli e il 36,12% di giudizi neutrali; mentre su trasporti e mobilità il giudizio negativo è pari al 53,25% del campione, contro un 16,08% di valutazioni positive e un 30,67% di giudizi né positivi né negativi.

Le opportunità di lavoro risultano la dimensione valutata in modo più benevolo, ma anche qui i giudizi negativi superano quelli positivi (36,03% contro 29,96%, con un ulteriore 34,01% di valori neutrali).

 

A fronte di queste valutazioni, la maggioranza dei lavoratori vicentini (54,66%) consiglierebbe ad un figlio o ad un amico di trasferirsi all’estero per cercare lavoro, percentuale oltre tre volte e mezzo maggiore rispetto a chi invece sconsiglierebbe questa scelta (14,42%, mentre ii giudizi neutrali sono il 30,93%).

È interessante osservare che la percentuale di favorevoli al trasferimento all’estero è sostanzialmente invariata rispetto all’età (oscilla tra il 55,07% degli under 35 e il 52,55% degli over 55), mentre solo l’8,7% degli under 35 si dice apertamente contrario a questa opzione, contro un 18,92% degli over 55.

 

Viceversa, consiglierebbe di trasferirsi in provincia di Vicenza per cercare lavoro il 44,62% del campione, contro un 14,41% di contrari e un 40,97% di valutazioni neutrali.

In questo caso, coerentemente con le risposte agli altri quesiti, i più giovani (15-24 anni) sono anche i più critici rispetto a questa possibilità (non consiglierebbe di trasferirsi a Vicenza per lavoro il 33,33% del campione, contro il 10,71% degli over 65), mentre i giudizi più favorevoli si hanno nella fascia di età tra i 35 e i 54 anni (rispettivamente 43,38% e 46,18%).

 

Rispetto ad una narrazione spesso negativa, dunque, emerge il quadro di un territorio giudicato ancora tendenzialmente attrattivo dai lavoratori vicentini, ma questo soprattutto per le opportunità professionali, meno per altre dimensioni che oggi tuttavia hanno una crescente rilevanza, in quanto come emerso anche dalle precedenti ricerche del Centro Studi Cisl Vicenza la qualità di vita è un valore considerato con sempre maggiore attenzione, soprattutto dalle nuove generazioni. Proprio i giovani appaiono da una parte quelli più critici, dall’altra quelli più propensi a cercare lavoro all’estero, probabilmente anche per fattori culturali.

 

Da qui le proposte di Cisl Vicenza, che Raffaele Consiglio sintetizza così: «Bisogna lavorare tutti insieme perché la percezione dei vicentini stessi, giusta o sbagliata che sia, è quella di un territorio con una serie di punti deboli in molti ambiti fondamentali. In questa prospettiva occorre investire nei servizi ai cittadini e nelle opportunità culturali. Chiediamo dunque alle istituzioni locali di affrontare il tema dell’attrattività del territorio tenendo in considerazione che il nostro futuro dipende proprio dalla nostra capacità di essere attrattivi, per riuscire a trattenere i giovani vicentini e allo stesso tempo intercettare i lavoratori disposti a trasferirsi. Questa è l’unica possibilità per arginare gli effetti del calo demografico, soprattutto nel breve e medio termine, considerando che ogni politica di sviluppo demografico porterebbe comunque dei benefici solo tra molti anni. E senza lavoratori non possiamo creare la ricchezza che ci serve per sostenere la spesa pubblica e il nostro welfare. Questo è un dato di fatto in un territorio come il nostro, dove la ricchezza viene prodotta attraverso il lavoro, non tramite la finanza».

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