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6/03/2020

CORONAVIRUS: LE REGOLE NEI RAPPORTI DI LAVORO


Comunicato stampa n. 4
5 marzo 2020

CORONAVIRUS: LE REGOLE NEI RAPPORTI DI LAVORO

Dall’Ufficio Legale Sindacale di Cisl Vicenza una serie di chiarimenti sui diritti e doveri
dei lavoratori e delle aziende nell’attuale contesto di emergenza sanitaria

L’Italia sta vivendo una situazione di emergenza sanitaria senza precedenti in epoca moderna, che comporta anche situazioni inedite nei rapporti tra lavoratori e aziende. Per fare chiarezza, l’Ufficio legale Sindacale di Cisl Vicenza ha esaminato alcuni dei casi più frequenti che si stanno verificando.

1) L’azienda può costringere il dipendente a rimanere a casa per precauzione, anche se egli non rientra nei criteri epidemiologici previsti per fare il tampone e quindi è stato valutato dalle autorità sanitarie competenti “non a rischio”?

Nonostante il datore di lavoro abbia l'obbligo legale (Dlgs 81/2008 Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro) di garantire la sicurezza e la salute dei propri dipendenti, egli non può sostituirsi al servizio sanitario che ha già fatto la propria valutazione. Il lavoratore non in malattia ha il dovere ed il diritto di rendere la propria prestazione lavorativa. Il datore di lavoro che impedisse al lavoratore “non a rischio” di lavorare deve in ogni caso corrispondergli l’intera retribuzione e non può imputare l’eventuale “non presenza” sul posto di lavoro a ferie o permessi.

2) Se il lavoratore viene invitato a restare a casa, in mancanza di certificato medico come viene considerata questa assenza?

Il lavoratore per stare in malattia deve avere il certificato medico. Qualora sia il datore di lavoro ad “invitare” il lavoratore a stare a casa, tale astensione dal lavoro sarà da considerarsi “assenza retribuita” e, come già detto, non può in alcuna maniera essere scalata da ferie e permessi accumulati.

3) Il datore di lavoro può costringere il lavoratore a lavorare da casa?

In deroga alla legislazione vigente, fino al 31 luglio 2020, i datori di lavoro possono chiedere al lavoratore di lavorare da casa. Il lavoratore non si può rifiutare. Il datore deve fornire al lavoratore tutti gli strumenti per il lavoro domiciliare (DPCM 25 febbraio 2020 e DPCM 4 marzo 2020). 

4) Viceversa, il lavoratore ha diritto a lavorare da casa, se svolge una mansione per la quale è tecnicamente fattibile?

No, ma può richiederlo, anche tramite le RSU o l'organizzazione sindacale.

5) In generale, come può essere gestito e regolamentato il lavoro da casa per un periodo limitato di tempo nei casi in cui questo non sia previsto nel contratto?

Esso è disciplinato dagli artt. dal 18 al 23 della L 81/2017 che sono però di carattere generale e che prevederebbero un accordo individuale o collettivo nel quale si disciplinano le modalità operative e gli oneri di sicurezza. Essendo tale accordo non necessario, fino al 31 luglio 2020, il datore dovrà fornire le direttive al lavoratore, che deve in ogni caso operare secondo la normale diligenza, sotto il potere direttivo e disciplinare del datore. Il datore deve comunque provvedere a garantire gli oneri minimi di sicurezza e ad effettuare la valutazione di eventuali rischi. In ogni caso, ai sensi dell’art. 22 della predetta Legge, il datore deve consegnare al lavoratore “un'informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro”.

6) Con la chiusura forzata delle scuole, su quali strumenti/diritti possono contare i genitori per restare a casa con i figli?

Non sono previsti, ad oggi, strumenti integrativi rispetto a quanto ordinariamente previsto. Va ricordato a questo riguardo che i congedi parentali possono essere richiesti fino ai 12 anni del figlio e che ci sono meccanismi per la cessione delle ferie tra colleghi per chi ne avesse bisogno. 

7) La chiusura forzata degli asili, pubblici e privati, implica automaticamente una riduzione della retta pagata?

No, ma per le strutture pubbliche molti Comuni stanno valutando tale possibilità. 

8) Il datore di lavoro può costringere il lavoratore a stare a casa in ferie, sfruttando il periodo di poco lavoro? Se sì, fino a che limite rispetto alle ferie maturate?

Ai sensi degli artt. 13, 14 e 15 del DL 9/2020 il datore di lavoro che a causa del COVID-19 non avesse la possibilità di far lavorare i propri dipendenti ha la facoltà di chiedere la Cassa Integrazione. Le ferie non sono un ammortizzatore sociale ed in ogni caso vanno concordate tra datore di lavoro e lavoratore. 

9) Per chi è in isolamento fiduciario a casa, su indicazione delle autorità sanitarie, ma senza che sia stato eseguito il tampone, come viene considerata l'assenza dal lavoro?

Come disciplinato dal DPCM del 4 marzo 2020 il medico Medico di Medicina Generale provvede su indicazione dell’operatore di sanità ad emettere il certificato medico. Il lavoratore deve comunicare al datore di lavoro il numero di certificato medico ed, in ogni caso, comunicare al datore l'impossibilità di recarsi al lavoro.
10) Il datore di lavoro ha diritto di imporre un certificato di negatività al coronavirus? O comunque un certificato medico di buona salute allo scopo di verificare la non contagiosità?

No. Il datore si deve attenere alle indicazioni del governo che non prevedono l'interdizione al lavoro per i lavoratori in salute. Eventuali valutazioni in merito alla salute dei collaboratori possono essere fatte solo dal medico del lavoro.

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