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7/03/2022

SUPERAMENTO DELLE DISEGUAGLIANZE DI GENERE E PROMOZIONE DELL’ACCESSO AL MONDO DEL LAVORO


SUPERAMENTO DELLE DISEGUAGLIANZE DI GENERE E PROMOZIONE DELL’ACCESSO AL MONDO DEL LAVORO E DELLA UGUAGLIANZA DI TRATTAMENTI PER TENERE FEDE AGLI IMPEGNI PRESI NEL PNRR.

 

L’uguaglianza è alla base della indipendenza e della libertà delle persone (valore fondamentale dell’Unione Europea). Ma la partecipazione femminile al lavoro, in Italia, ci vede fanalino di coda tra i paesi occidentali, ben 17 punti sotto la Germania.

L’Europa, con il trattato di Lisbona, si era data l’obiettivo di un’occupazione femminile al 60% entro il 2010.

Il tasso di occupazione femminile nazionale, prima del COVID, raggiungeva la soglia del 50%, durante il COVID è arrivato al 48/49%, con grandissime differenze tra Regioni.

Il tasso di occupazione femminile vicentino, nel 2020 (ultimo dato disponibile) era del 54,8% (ma era del 59,4% l’anno prima) ed era comunque di 20 punti inferiore rispetto all’occupazione maschile che è al 73,5% (nel 2019 era del 76,6%)

La disoccupazione femminile, inferiore a quella nazionale, vede le donne vicentine al 9,3% (era del 5,7% nel 2019) e vede gli uomini al 5,4%.

Nel 2020 in media d’anno le donne vicentine occupate erano 151 mila, pari al 41,4% del totale degli occupati.

Rispetto al 2019 le donne occupate sono diminuite di 13 mila unità.

Nel 2021 si sono registrate 54.265 assunzioni dipendenti donne e 61.330 assunzioni uomini.

Quasi 6 contratti su 10 delle nuove assunzioni donne nel 2021 sono stati a tempo determinato (58,7%) rispetto al 4 su 10 degli uomini (43,6%).

Si evidenzia anche una notevole distanza nella tipologia di contratto: le donne hanno tendenzialmente contratti più precari degli uomini.

Fatte 100 le assunzioni per le donne nel 2021, solo il 14,5% erano a tempo indeterminato (7.855) mentre per gli uomini il dato è stato di 20,7% (12.685).

E’ ancora forte la differenza di genere nella tipologia di orario lavorativo. Nel 2021 le donne con contratto a full time erano uno su due, il 54% del totale mentre gli uomini con la stessa tipologia di contratto erano pari al 81,7%.

Carriere sbarrate, POCHE PROMOZIONI E RICONOSCIMENTI, TANTI CONTRATTI PART-TIME.

In Veneto il pay gap gender è di circa il 32% (retribuzione media all’anno di 17.108 euro per le donne e 26.294 euro per gli uomini – ott. 2021), anche uno studio dell’INPS del 2019 rilevava una differenza di stipendi del 34% in Veneto, divario che si ripercuote sulle pensioni e sulla povertà senile.

Abbiamo anche qualche dato vicentino che ci deriva dai nostri Caaf (o meglio Caaf Cgil Vicenza): dato medio sui redditi da lavoro dipendente: 17.604 euro per le donne, 25.999 euro per gli uomini; dato medio dei redditi da pensione: 14.002 per le donne, 20.437 per gli uomini.

Inoltre il Veneto è la regione con la più alta percentuale di part-time femminile  scelta che diventa quasi obbligatoria per le lavoratrici se il lavoro di cura dei figli, della famiglia ricade quasi totalmente su di loro. Tale situazione incide negativamente anche sui percorsi di carriera. Manca la condivisione del lavoro famigliare, i figli sono un carico quasi esclusivamente femminile.

In una coppia che lavora si è stimato che le donne dedicano tre ore e 18 minuti al giorno per la cura della casa e della famiglia e il loro marito/compagno un’ora e ventun minuti.

Quando nasce il primo figlio sono delle tragedie, per non parlare delle famiglie numerose, che però sono orami ben poche.

L’Ispettorato del Lavoro di Vicenza ci dice che nel 2020 ci sono state 2.220 dimissioni volontarie nel periodo tutelato dalla legge dopo la maternità, ovvero fino ai tre anni del bambino ovvero 42 a settimana. Il 70 % riguardava donne, la gran parte al primo figlio

Non ci si meravigli se il tasso di natalità stia andando a picco, anche a Vicenza.

Oggi siamo a 1,17 figli per donna fertile, anche se il desiderio sarebbe due!

I SERVIZI CHE MANCANO, WELFARE INSUFFICENTE, PREGIUDIZI CULTURALI anche nel mercato del lavoro per i quali è la donna che sacrifica il suo reddito professionale in famiglia e nel lavoro si sceglie di fare lavorare e di promuovere il maschio.

La differenza salariale tra uomini e donne resta una delle priorità più urgenti se si vuole dare corpo alle strategie politiche in tema di uguaglianza di genere.

Tutti i paesi europei alle prese con i programmi di riforma del NEXT GENERATION Eu sono chiamati a dare risposte per il superamento di una condizione che si è acuita ulteriormente dagli effetti della pandemia da Covid-19 e che si ripercuote negativamente sul reddito delle famiglie e dell’economia. La disparità salariale allontana dall’efficienza.

Il divario salariale rappresenta una delle principali ingiustizie nel mondo del lavoro. L’OIL conferma nel suo ultimo rapporto mondiale sui salari, che le donne guadagnano circa il 20 per cento in meno rispetto agli uomini a parità di lavoro svolto. A livello europeo viene confermato questo dato e posiziona l’Italia al 18° posto su 24 paesi. Nel settore pubblico lo scarto è minimo (intorno al 5-6%) mentre nel privato ci allineiamo alla media europea. Il sindacato deve fare innanzitutto sensibilizzazione sul tema.

BISOGNA AGIRE SULLE LEGGI, SULLA CONTRATTAZIONE E APRIRE LA STRADA A CAMBIAMENTI CULTURALI.

In verità in Italia le leggi non mancano. Il problema è l’applicazione, il controllo, la sanzione.

Le parti sociali e la contrattazione aziendale e istituzionale hanno un ruolo fondamentale nel ridurre ed azzerare il divario retributivo. Le normative sulla maternità, sulla paternità e il welfare devono rendere possibile alle donne avere una famiglia e realizzarsi nel lavoro.

Il Senato ha approvato lo scorso 26 ottobre il disegno di legge riguardante modifiche al codice di cui al D.Lgs. n. 198/2006 e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo.

Tale provvedimento si propone di favorire la parità salariale e le pari opportunità nel mondo del lavoro attraverso norme più stringenti e introducendo misure premiali per le aziende che si adoperino in questa direzione quale ad  esempio l’estensione dell’obbligo per le aziende con più di cento dipendenti a elaborare un rapporto biennale sulla situazione lavorativa dei propri dipendenti, anche alle aziende con più di 50 dipendenti (prevedendo anche sanzioni amministrative pecuniarie per rapporti mendaci i incompleti) e la certificazione della parità di genere quale riconoscimento alle aziende di sgravi contributivi rilevanti.

Pochi giorni fa è stata approvata una legge in Consiglio regionale del Veneto che crea interventi che premino le aziende che aiutano e favoriscono il lavoro e la carriera delle donne, la regione Veneto dovrà istituire un registro delle imprese virtuose in materia retributiva di genere…

Auspichiamo che il Governo ponga attenzione alle richieste di sostegno alla contrattazione collettiva quale strumento per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, il benessere lavorativo generale, il welfare aziendale.

Rimuovere tutte le forme di diseguaglianze (sociali, territoriali, di genere), che impediscono il pieno sviluppo della persona e il suo partecipe coinvolgimento nella vita politica, sociale, economica e culturale del paese, eliminare le condizioni che creano diversità nelle opportunità. Ecco alcuni esempi: l’offerta adeguata di nidi e di scuole per l’infanzia che sono essenziali perché in loro assenza la responsabilità di curare i figli ricade sulle donne, l’assistenza famigliare con accessi a servizi di assistenza di qualità e a prezzi ragionevoli, l’assistenza sociale ad anziani e alle persone in difficoltà migliorano le opportunità per le donne nel mercato del lavoro.

(nel 2019 finalmente le PARI OPPORTUNITA’ tornano in capo a un Ministero)

MUTAMENTI CULTURALI LEGATI AL GENERE

Le differenze di genere riflettono pregiudizi e stereotipi ereditati dal passato. Per vincerli è importante anche il ruolo dello Stato, della pubblica istruzione. L’educazione civica assume un ruolo strategico e andrebbe potenziata per formare cittadini consapevoli ed è una responsabilità di ciascuno di noi aiutare a superare i pregiudizi esistenti sulle diversità di genere. (CARLO COTTARELLI “All’inferno e ritorno”).

Siamo ancora lontani dal raggiungere un’equilibrata condivisione delle responsabilità di cura genitoriali e familiari tra uomini e donne che pesano soprattutto sulle seconde, si registra di recente una maggiore propensione degli uomini a dedicarsi alle attività di gestione della casa. I casalinghi sono quadruplicati nel 2019 rispetto al 2007 ma rimangono un fenomeno molto contenuto (2,3%) rispetto all’universo delle casalinghe.

Il percorso per raggiungere la parità di genere a parità di lavoro resta in salita.

CGIL CISL UIL hanno attivato di recente tre tavoli tematici in vista di una Strategia nazionale per dare risposte concrete a tutte le criticità sopra elencate e che pesano sulla condizione delle donne:

  • Lavoro, formazione e welfare;
  • Rappresentanza, partecipazione e leadership;
  • Gender mainstreaming, cultura, comunicazione e media.

Il Primo obiettivo è l’aumento del tasso di occupazione femminile, ulteriormente ridotto a causa della pandemia (48%), proponendosi di superare il 60%. La ragione della maggior precarietà del lavoro femminile sta certamente nel maggior ricorso a contratti brevi, part-time involontario, sommerso, soprattutto di assistenza familiare.

Supportare con formazione e reskilling le lavoratrici più colpite dalle riorganizzazioni delle attività produttive e dei servizi post covid (in particolare ultracinquantenni).

Le infrastrutture sociali sono essenziali per riequilibrare il rapporto vita/lavoro anche alla luce del maggior utilizzo del lavoro agile che la contrattazione deve regolare nelle sedi negoziali appena si uscirà dalla emergenza pandemica.

E’ fondamentale intervenire per rendere effettiva la parità dei congedi tra figure genitoriali e l’incremento dell’indennizzo e innalzamento della paternità obbligatoria (recepire le direttive europee sul congedo di paternità obbligatoria e sulla conciliazione tra lavoro e vita privata).

Il Secondo obiettivo ha il compito di sostenere la rappresentanza femminile nelle aziende pubbliche e private e nelle istituzioni pubbliche. Le quote sono una misura necessaria in ogni ambito della vita economica, sociale, politica, istituzionale.

Il Terzo obiettivo si pone di contrastare i pregiudizi e gli stereotipi di genere e di favorire la cultura del rispetto e la valorizzazione delle differenze, agendo sula educazione e la formazione anche scolastica.

E’ con forza che le OO.SS. Vicentine chiedono di attivare in tempi brevi un tavolo di confronto con le Associazioni di Categoria, che consenta l’avvio di un percorso condiviso verso la piena realizzazione della parità di genere.

Le donne che lavorano nel sindacato sono molto preoccupate di tutto ciò e, anche a Vicenza, stanno lavorando su più filoni:

  • il miglioramento della contrattazione aziendale affinché accolga e risponda ai bisogni delle donne, ma non solo;
  • il miglioramento della negoziazione sociale con le Istituzioni di genere, affinché i servizi rispondano alle richieste delle famiglie, di donne, bambini, anziani;
  • l’implementazione dei nostri Uffici contro molestie, mobbing, discriminazioni.

In occasione del 25 novembre scorso la vicepresidente di Confindustria Vicenza ha lanciato la proposta di “un patto sociale tra imprese, sindacati, istituzioni e società civile” per riconoscere alla donna un ruolo che le permetta non solo parità ma anche autonomia.

Siamo assolutamente d’accordo.

Ognuno di noi deve fare quanto può e in Rete se possibile, per mettere al centro la quantità e la qualità del lavoro e del lavoro delle donne, che non è un ‘affare delle sole donne’ ma della società intera.

Se non sarà così si rischia la crescita della disuguaglianza, la decadenza economica e sociale dei territori.

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