5/11/2015
Ma serve ancora il sindacato in questo contesto – liquido – di cambiamento dell’economia e del lavoro? Per rispondere a questa domanda di grande attualità forse è meglio ripartire da una seria analisi sui problemi e i bisogni di chi lavora (o vorrebbe lavorare), e sulla capacità attuale e futura del sindacato di essere in grado di costruire risposte a tali questioni. L’economia sta cambiando molto velocemente, e soprattutto stanno cambiando i luoghi del lavoro. Oggi si parla di Industry 4.0 come nuova frontiera dell’innovazione organizzativa delle imprese. Sono già molte le aziende in cui le nuove frontiere della tecnologia permettono di rivoluzionare i layout produttivi e logistici, e dove, di conseguenza, il lavoro viene esercitato con caratteristiche completamente diverse rispetto al passato. Ma questo è solo l’inizio di una nuova epoca del lavoro. Pensiamo semplicemente al fatto che costruire veicoli funzionanti senza conducente non è più una fantasia ma è già tecnicamente fattibile; oppure riflettiamo sul fatto che con apposite stampanti 3d si può produrre ciò che prima richiedeva investimenti specialistici dedicati e costi fissi rilevanti; o ancora pensiamo che il commercio via internet può rendere obsolete e superate molte attività commerciali attualmente esistenti. Questi esempi raccontano di un cambiamento in atto che cambia fortemente la nostra economia, la nostra società, e sta già realizzando una metamorfosi del modo in cui quotidianamente si lavora. Sono sotto gli occhi di tutti alcuni fenomeni già esistenti nel mondo del lavoro. Primo fenomeno, la terziarizzazione del lavoro. Non significa solo che si sta riducendo il numero dei lavoratori della manifattura e che sta crescendo quello di chi lavora nel terziario; significa anche che dentro alle stesse fabbriche si riduce il numero di chi è direttamente impiegato nella produzione, mentre aumenta il numero di lavoratori a monte e a valle della produzione e di quelli che assistono o controllano i processi produttivi. Il secondo fenomeno riguarda l’impatto delle nuove tecnologie (tablet, smartphone, pc) sull’esercizio dell’attività lavorativa, sia in termini di maggiori e più precisi flussi di comunicazione e di raccolta e elaborazione dei dati, sia in termini di velocità e di capacità di condivisione di documenti, decisioni, azioni, flussi di feedback. Le nuove tecnologie stanno cambiando in maniera radicale il modo di lavorare e richiedono competenze completamente rinnovate rispetto al passato: chi è fuori dalla rivoluzione tecnologica rischia di essere un disadattato nel mondo del lavoro del domani. Il terzo fenomeno riguarda la rottura dello spazio-tempo del lavoro. Il concetto di luogo di lavoro e di orario di lavoro, per molte professioni (anche di lavoro subordinato) non sono più adeguate a rappresentare la prestazione lavorativa. Tutti questi fenomeni cambiano completamente il modo di lavorare, e anche la cultura stessa del lavoro. Cambiano alle fondamenta anche il concetto di “lavoro subordinato”, mettendo in discussione pure il sistema di tutele costruite attorno al lavoro tradizionale. Se questa analisi è corretta, allora il sindacato oggi è di fronte ad un bivio: continuare ad occuparsi, in maniera tradizionale, del lavoro tradizionale – ricavandosi una “nicchia” di rappresentanza che diventerà, nel tempo, sempre più ristretta -, oppure aprirsi, con strumenti e azioni nuove, alla grande sfida che il cambiamento del lavoro rappresenta nella nostra società. Gianfranco Refosco, segretario generale Cisl VicenzaIn primo piano
I cambiamenti del mondo del lavoro: il sindacato di fronte a un bivio